L‘elettroformatura del nickel si effettua, di norma, con temperature dell‘elettrolita che vanno dai 40°C ai 65°C e con una densità che va da 28° a 35° Baumé.
Elettroformatura ad alta corrente e bassa temperatura dell‘elettrolita non possono coesistere. Alle basse temperature, infatti, gli ioni metallici diventano meno mobili, e se la corrente è elevata si generano:
- stress meccanico, che può causare deformazioni o incurvamento della parte che si sta elettroformando al catodo. Nei casi più gravi, lo strato di nickel che si sta depositando, soprattutto se è ancora sottile, può essere alzato o staccato dal substrato;
- cattiva qualità del deposito, con superficie rugosa e irregolare.
Un altro inconveniente prodotto da una corrente particolarmente alta, a prescindere dalla temperatura dell‘elettrolita, è la formazione di bolle di gas, soprattutto idrogeno, all‘anodo. Questo fenomeno è dovuto al calore prodotto dal passaggio della corrente.
La quantità di corrente che innesca questo processo non è fissa, perché molto dipende dalla qualità e dalla dimensione dei contatti, oltre che dalla differenza di potenziale impostata. La diminuzione della resistenza in alcuni punti (ad esempio, contatti migliori e più grandi, assenza di saldature fredde, etc.) permette la circolazione di più corrente, con meno generazione di calore.
Queste micro-bolle possono interferire con la qualità del deposito, rendendolo poroso. Se non scoppiano spontaneamente, possono rimanere attaccate ad un punto specifico della parte che si sta elettroformando e bloccare la conduttività in quel punto. Come risultato, il nickel non si depositerà più in quel punto e si creerà un piccolo buco (a partire dallo spessore raggiunto in quel momento in poi) sulla superficie della parte.
I buchi che si sono creati negli strati finali dell‘elettroformatura, solitamente a correnti molto alte, sono frequenti e generalmente innocui. I buchi che invece si sono creati più vicino agli strati iniziali dell‘elettroformatura, dove c‘è la struttura dei solchi, possono creare difetti udibili.
Per prevenire questi problemi, il processo di elettroformatura comincia sempre a bassa tensione e bassa corrente, aumentandole progressivamente man mano che lo spessore della parte elettroformata aumenta.
Un altro approccio comunemente utilizzato per ridurre l‘adesione delle micro-bolle alla parte al catodo è l‘utilizzo di tensioattivi (detti anche "anti-puntinanti") come additivi blandi all‘elettrolita. Queste sostanze rendono l‘elettrolita leggermente più scivoloso e, conseguentemente, meno probabile l‘adesione di eventuali bolle di gas alla parte al catodo.
Anche in questo caso, l‘utilizzo di questo additivo deve essere effettuato con una certa cautela, poiché indebolisce la struttura cristallina del deposito e rende la parte elettroformata leggermente meno elastica.
Temperature dell‘elettrolita che superano i 65°C sono da evitare, in quanto possono portare a reazioni secondarie indesiderate e soprattutto alla decomposizione parziale della soluzione.
Il pH dell‘elettrolita ha un impatto molto rilevante sia sulla qualità che sulla morfologia dello strato che viene elettroformato.
Se il pH è troppo alcalino (superiore a 4), c‘è il rischio di contaminazione dell‘elettrolita, a causa della precipitazione spontanea di idrossido di nickel. Viceversa, se il pH è troppo acido (inferiore a 2.5), cresce la concentrazione di ioni H+ in soluzione, e questi ioni possono competere con gli ioni metallici durante il processo di riduzione al catodo, causando irregolarità nel deposito o – anche in questo caso – piccoli buchi.
In mezzo a questi valori c‘è una forchetta teorica di 1.5 punti di acidità. I valori di pH comunemente usati, peraltro, hanno una forchetta ancora più stretta e vanno da 2.8 a 3.8.
Un elettrolita più alcalino causa l‘elettroformatura di cristalli più grandi e meno uniformi, mentre un elettrolita più acido produce cristalli più piccoli ed uniformi. La differenza sta soprattutto nell‘elasticità, che è un fattore cruciale nell‘elettroformatura di questo tipo, in quanto – ad esempio – uno stampo che viene montato su una pressa deve essere centrato e preformato (quindi piegato più volte) prima di essere effettivamente montato, e successivamente è soggetto ad una continua contrazione ed espansione dovuta all‘escursione termica a cui è soggetto ad ogni ciclo, a cui si aggiunge lo stress meccanico dovuto alle 100T di forza della pressa.
Il pH dell‘elettrolita tenderebbe per natura a diventare sempre più alcalino, a causa dell‘evaporazione della sua componente acida a causa delle temperature abbastanza elevati, ed alla successiva aggiunta di acqua per mantenere costante il livello dell‘elettrolita nella vasca. La correzione si può fare semplicemente sciogliendo dell‘acido solfamico nell‘acqua che si va ad aggiungere, o direttamente nella soluzione.
Una soluzione "buffer" può essere altresì utilizzata per "tamponare" la variazione del pH. Anche questo tipo di soluzione viene presentata come semplice additivo all‘elettrolita e solitamente si basa su sostanze come acido borico e idrossido di sodio.
Temperatura, densità e pH