Una testina di incisione può essere considerata come un elettromagnete, simile a quelli che si trovano nei sistemi telefonici convenzionali, ma con una potenza maggiore in gioco.
Nelle testine stereo, le due bobine principali e le due bobine di feedback sono posizionate ad angoli di ±45° rispetto al piano di modulazione del disco. Di conseguenza, sono distanziate di 90° l’una dall’altra. Questa configurazione fa sì che i solchi creati dallo stilo di incisione contengano sempre informazioni sia verticali che laterali(1).
Questo sistema, introdotto per la prima volta dalla Westrex negli Stati Uniti oltre 50 anni fa, è diventato rapidamente lo standard del settore. All’epoca, i dischi mono erano ancora i più diffusi, e la rotazione di 45° dell’asse verticale ha consentito per la prima volta di incidere un segnale stereo, mantenendo anche la compatibilità mono.
Come mostrato nella precedente figura, se immaginassimo di ruotare l’asse del piano di modulazione in avanti o all’indietro di 45°, l’incisione stereo sarebbe ancora possibile. Tuttavia, con questo sistema uno dei due canali farebbe muovere lo stilo esclusivamente lungo l’asse verticale, generando solchi dalla geometria molto complessa.
Il sistema Westrex, con la rotazione di 45° dell’asse verticale, evita questo problema, bilanciando le componenti laterali e verticali e producendo una geometria del solco più semplice.
La figura precedente (2) illustra lo schema di incisione di un solco, con la testina che scorre da destra a sinistra verso il centro del disco.
L’angolo e la profondità della “V” del solco dipendono dalla sfaccettatura dello stilo e dalla profondità di base impostata per l’incisione.
Modulazione orizzontale e verticale
Se non viene fornita corrente alle due bobine principali, il solco — osservato al microscopio — appare come una "corsia" dritta a forma di V: la linea centrale è creata dalla punta dello stilo ed è il fondo del solco, mentre le due linee esterne sono i bordi del solco, creati dalle sfaccettature dello stilo.
Quando un segnale audio di linea viene inviato all’amplificatore, le bobine ricevono corrente e fanno vibrare lo stilo. Di conseguenza, sia il fondo che i bordi del solco assumono una geometria variabile in base al volume, al contenuto in frequenze e all’immagine stereo del segnale trascritto.
In questa immagine ripresa al microscopio osserviamo due scenari diversi (da sinistra a destra):
- nel primo solco sulla destra, il segnale è una forma d’onda sinusoidale di uguale ampiezza su entrambi i canali, con una frequenza di 1kHz. Lo stilo vibra quindi 1000 volte al secondo e si può notare la ripetizione del periodo 1/f =0.001s=1 msec;
- nei tre solchi successivi, la stessa forma d’onda è presente solo sul canale destro.
La prima osservazione è che un segnale stereo con contenuto identico — in frequenza, ampiezza e fase — produce solo modulazione orizzontale, cioè lo stilo si muove solo sul piano orizzontale e la profondità del solco rimane costante. Nel secondo e terzo solco, invece, un canale è silenzioso, quindi ha tensione nulla e di conseguenza non genera alcuna corrente. La modulazione laterale del canale sinistro è quindi anch’essa nulla, mentre quella del canale destro è la stessa del primo solco sulla sinistra.
In questo caso si produce anche una modulazione verticale — cioè una profondità variabile del solco — che corrisponde alla differenza (variabile) tra l’ampiezza (fissa) del canale muto e l’ampiezza (variabile) della forma d’onda sinusoidale sull’altro canale.
La seconda osservazione, quindi, è che la modulazione verticale nasce dalle differenze tra i segnali dei due canali, e modifica la profondità del solco.
Inoltre, osservando attentamente l’immagine, si osserva anche che, quando questo succede, il fondo del solco si sposta leggermente verso il canale dove la tensione modulata è maggiore.
In definitiva, chiamate V(L) e V(R) le tensioni istantanee dei due canali, si ha che:
- modulazione orizzontale = V(L) + V(R)
- modulazione verticale = V(L) - V(R)
Fase
Se ipotizziamo di inviare due forme d’onda sinusoidali di ampiezza uguale ai due canali, ma ne sfasiamo una di 180° (si vedano le forme d’onda rossa e blu in figura), si crea una situazione in cui i due segnali, poiché hanno lo stesso volume, se vengono sommati si annullano.
Anche la differenza di fase influisce, quindi, sul movimento dello stilo sull’asse verticale, generando variazioni di profondità del solco che dipendono da V(L)-V(R) e che si sviluppano in base alla costante di tempo della frequenza prevalente, come spiegato più avanti. Se la costante di tempo è alta, lo è potenzialmente anche la differenza di profondità. Questo è il motivo per il quale, per sicurezza, nel processo di incisione spesso le frequenze al di sotto dei 150 o 300Hz vengono convertite in mono.
Un caso estremo di fasi opposte è quello dell’inversione di polarità. Se viene invertita la polarità di una cassa, la sua bobina — anziché spingere il cono verso l’esterno — lo tirerà verso l’interno, sempre in funzione dell’intensità di corrente ricevuta. Immaginando quindi l’azione simultanea di due bobine con polarità opposte, si crea una situazione come quella della seguente figura.
In linea teorica, nel punto in cui le ampiezze dei due segnali sono massime ed opposte, il solco dovrebbe diventare talmente sottile da scomparire. Nell’esempio in figura, ciò non avviene perché il controllo automatico di profondità del tornio di incisione ne corregge la profondità nel momento in cui questa scende al di sotto del valore minimo impostato. Ma senza controlli automatici, la situazione potrebbe essere quella della figura sottostante(3).
L’esempio delle due figure precedenti rappresenta comunque un caso estremo, che nella pratica non si verifica quasi mai, anche se possono capitare registrazioni in cui i due canali hanno polarità invertite (c.d. “controfase elettrica”).
Ben più frequenti, invece, sono sfasamenti limitati ad alcune porzioni dello spettro di frequenze del segnale, controllabili anche con strumenti e accorgimenti che precedono il processo di incisione vero e proprio. Poiché le differenze di profondità più pericolose sono quelle in cui la costante di tempo è alta (basse frequenze), gli interventi correttivi sono spesso focalizzati dai 500Hz in giù.
Tra gli interventi fattibili prima che il segnale arrivi all’amplificazione vi sono:
- filtro ellittico: caratterizzato da una transizione con curva molto ripida, lascia inalterata l’immagine stereo al di sopra della frequenza di cross-over e converte in mono quella al di sotto;
- equalizzazione MS: consente di equalizzare separatamente la componente mono (cioé quella al centro dell’immagine stereo) e la componente stereo (alle estremità) del segnale. E’ particolarmente utile quando si individua la frequenza attorno alla quale si genera la variazione di profondità del solco. Si equalizza solo la componente stereo intorno alla frequenza di interesse, quel tanto che basta per attenuare la variazione stessa. Questa soluzione può produrre un risultato efficace e molto difficile da individuare all’ascolto, se confrontato con la registrazione originale;
- regolazione dell’ampiezza dell’immagine stereo: permette di regolare l’apertura stereo dell’intera gamma di frequenze del segnale, portandola progressivamente verso un segnale mono. Soluzione efficace, ma certamente non elegante, e palesemente riscontrabile all’ascolto.
Costanti di Tempo
Si è visto che, nel caso della frequenza da 1kHz, lo stilo vibra 1000 volte al secondo, seguendo l’andamento della forma d’onda.
In base alla relazione tra frequenza e periodo, si è visto anche che quest’ultimo è di 1ms, pertanto la sequenza ciclica di queste 1000 vibrazioni si ripeterà ogni 1ms.
E’ quindi facile calcolare che, se la forma d’onda fosse stata — ad esempio — di 6kHz, le vibrazioni al secondo sarebbero state 6000, ed il periodo sarebbe stato più corto (0.17ms).
Si può quindi affermare che — a prescindere dal volume del segnale — la “velocità del solco”, cioè il tempo nel quale l’escursione della vibrazione dello stilo raggiunge il picco e ritorna a suo punto di partenza, è direttamente proporzionale alla frequenza prevalente del segnale.
Inoltre, sempre a prescindere dal volume del segnale, le basse frequenze producono vibrazioni più ampie rispetto alle frequenze medie e alte, e le frequenze medie producono vibrazioni più ampie rispetto alle frequenze alte.
Infatti, se vengono trascritte allo stesso volume una forma d’onda sinusoidale da 1kHz e una da 200Hz, quest’ultima genera 1/5 delle vibrazioni al secondo (200) rispetto alla prima, ma poiché il volume è identico, queste 200 vibrazioni al secondo hanno escursioni laterali e verticali 5 volte più ampie rispetto alle 1000, perciò richiedono un po’ più di tempo per compiersi dall’inizio alla fine. Quindi, mano a mano che le frequenze diventano più basse, hanno la caratteristica di:
- occupare uno spazio laterale più ampio, secondo la logica V(L)+V(R);
- avere un potenziale di variazione della profondità del solco maggiore, secondo la logica V(L)-V(R).
La costante di tempo è quindi una funzione di trasferimento dell'inverso della frequenza nel dominio temporale.
In termini elettrotecnici, se suddividessimo lo spettro di frequenze utilizzato per l’incisione in infiniti filtri (circuiti) RC, la costante di tempo di ciascun filtro indicherebbe il tempo di risposta tipico del circuito RC da cui esso è composto.
Ogni frequenza ha quindi associata una propria costante di tempo, che viene indicata con la lettera greca "tau":
la costante di tempo è inversamente proporzionale alla frequenza, il che significa che le alte frequenze hanno costanti di tempo più piccole (veloci) e le basse frequenze viceversa.
Convertendo i secondi in microsecondi, ricaviamo la seguente equazione condizionale:
Questa equazione, se applicata alla frequenza di 1kHz, dà un risultato di 59.23µs, e alla frequenza di 200Hz dà un risultato di 796.18µs.
Ripetendo lo stesso calcolo per gli estremi della gamma di frequenze riproducibili da una testina (da 20Hz to 20kHz), si ottiene:
- 20Hz: 7957.75µs
- 20kHz: 7.95µs
Quindi, senza applicare correzioni, la costante di tempo dei 20Hz risulta 1000 volte più alta di quella dei 20kHz, il che rende fisicamente impossibile incidere su disco un segnale di linea contenente l’intero spettro di frequenze. Le basse frequenze causerebbero modulazioni orizzontali e verticali troppo grandi, e allo stesso modo le modulazioni delle alte e altissime frequenze rendebbero il rapporto segnale/rumore inaccettabile.
A causa di questo problema, nel corso degli anni ’50 furono proposte curve di equalizzazione correttiva, che, attenuando le basse frequenze ed enfatizzando le alte frequenze in registrazione, sopperivano a questa sproporzione.
Quale che fosse la curva, la stessa equalizzazione — ma invertita — doveva essere poi applicata al segnale del circuito “phono” di riproduzione, per ripristinare la corretta risposta in frequenza.
La Curva RIAA
Negli anni ’60, la Recording Industry Association of America (RIAA) ha standardizzato alcune delle curve precedentemente proposte nella “curva RIAA" (vedi figura seguente), che rimane ad oggi la curva standard nel circuito di amplificazione “Phono”.
La funzione dB(f) ha come componenti, oltre alla frequenza f, 3 costanti di tempo:
dove
- t1 è la costante di tempo delle alte frequenze (≈75µs);
- t2 è la costante di tempo delle medie frequenze (≈318µs);
- t3 è la costante di tempo delle basse frequenze (≈3180µs).
Circuiti passivi di equalizzazione RIAA possono essere implementati tramite reti di resistenze e condensatori, opportunamente dimensionati.
1,3 Larry Boden, Basic Disc Mastering, USA 1981
2 Jvo
Studer, Pitchbox98 user manual, StuKa Engineering, Switzerland 2003
Come funzionano i solchi